sabato 31 luglio 2010

RICOMINCIARE A FARE FIGLI PER RILANCIARE L’ECONOMIA. POSSIBILE POSSA BASTARE?

Ettore Gotti Tedeschi, presidente della Ior, la banca vaticana, nelle scorse settimane ha proposto di rimettere la famiglia al centro delle future politiche economiche italiane e del mondo occidentale e ad economia di mercato in genere. Mettendo sotto accusa, come fattore principale della crisi nella quale ci troviamo in questi anni, un fattore per molti insospettabile, il calo demografico, cioè la diminuzione della popolazione, scelta, più o meno consapevolmente, da almeno un quarto di secolo a questa parte, secondo Gotti Tedeschi, nelle politiche pubbliche degli Stati e nei progetti di vita individuali. Privilegiando l’idea di benessere presente, da mantenere rispetto all’idea di futuro, implicita, da sempre, in epoche di ricchezza ma anche di povertà e instabilità sociale o guerra, nella scelta di fare figli. Mi pare che sarebbe molto riduttivo iscrivere questa posizione tra quelle scontate che da parte cattolica inneggiano alla famiglia e al suo valore o ancor peggio come l’ennesima litania o presunta tale di un altissimo esponente finanziario della finanza cattolica, non solo italiana.
Possibile dunque che l’economia possa ripartire come tutti speriamo mettendosi semplicemente a fare più figli? Che sia tutto lì? Il quadro ovviamente è molto più complesso ma la posizione di Tedeschi, che è molto più articolata di come la sto riassumendo e ci rifletto sopra con qualche pensiero in questo blog perché la ritengo molto stimolante, indica alcune valutazioni e direzioni di marcia per il futuro che trovo convincenti.
Pur senza pretese di esaustività, da non addetto ai lavori, credo però che sia azzeccata la successione di eventi, osservata da vicino anche nella nostra Carpi, che Tedeschi individua come tentativi di mantenere i livelli di crescita economica e benessere in Occidente senza incrementare la popolazione, con conseguenti costi e fatiche, economiche e non, che l’incremento demografico comporta per le famiglie e i singoli invidividui. Ecco gli eventi di cui si parla: le prime delocalizzazioni produttive a fine anni 70, gli stimoli al consumismo non sempre giustificato dal bisogno, l’incoraggiamento dell’economia del debito sino agli eccessi della finanziarizzazione dell’economia, svincolata dai fondamentali della produzione e dal valore da essa generata. Poi il crollo del sistema con la crisi di fine 2008 e le nostre speranze di ripresa di oggi. Mi sembra davvero un film che abbiamo visto tutti. Anche a Carpi.
Ripeto, ho sintetizzato molto. E allora dove sono le soluzioni? Ettore Gotti Tedeschi indica tra i fattori da potenziare, l’educazione e il forte rafforzamento della famiglia, intesa come rete di relazioni famigliari e sociali. Quella “roba”, scusate se la spiego così, che ha consentito a molti italiani di reggere, anche a Carpi, con l’aiuto di fratelli, sorelle o nonni, ai colpi durissimi della crisi che purtroppo, tra cassa integrazione, posti di lavori persi e ancora non recuperati ed edifici condominiali nei quali non si riescono a pagare le bollette e si rischiano insolvenze a catena. A Carpi la coesione sociale e la qualità della vita generale ha consentito di far fronte meglio alle difficoltà. Ma il futuro non sarà facile.
Tornando alla domanda iniziale suscitata dalle posizioni del banchiere del Vaticano, possibile che basti rimettersi a fare figli per far ripartire le economie occidentali? Detta così, per qualcuno potrà sembrare una barzelletta ma io credo che se nel progetto di rafforzamento dele famiglie e di forte incentivo alla natalità paesi importanti e abituati a guardare al futuro come Germania, Francia e paesi scandinavi, continuano a destinare quote crescenti dei propri PIL, dal 2,5 al 4%, quindi dal doppio al quadruplo di quanto ci mette l’Italia che da tempo viaggia intorno all’1%, qualcosa vorrà pur dire. E bisognerebbe smettere di guardare alle politiche per le famiglie, togliendosi dalla bocca certi sorrisini di sufficienza, non come a spese per aiutare le fasce sociali marginali o disagiate ma come motori indispensabili di sviluppo per gli italiani di domani. Sempre che agli italiani di oggi possa interessare. E dovrebbe. Visto che ad esempio in questi giorni abbiamo appreso dalle proiezioni del caso che nel 2050 o anche prima, gli anziani raddoppieranno rispetto ad oggi. Ma non ci saranno due familiari su tre per poterli assistere. Se non riusciremo nel frattempo ad operare adeguate inversioni di rotta. Buon futuro a noi tutti.

7 commenti:

  1. ...e sono stimolato anch'io dalla tua riflessione ad aggiungere alcune considerazioni importanti per me, sul fenomeno della denatalità nella nostra società. E che però ha a che vedere con la qualità della vita. Si, la qualità della vita. La quale viene percepita non solo attraverso le comodità che si riescono ad ottenere attraverso la possibilità di consumo che ognuno ha, ma e soprattutto dalla vitalità dell'ambiente che ci circonda. La presenza di bambini, o per come amo personalmente definirli, cuccioli di uomini, nel loro muoversi a schiamazzi e rincorrersi, o anche solo la loro presenza occasionale tra gli adulti, rallegrano e stemperano e costringono gli stessi adulti ad assimilare un atteggiamento di comprensione e un linguaggio paradossalmente più surreale a volte, costringendoli di conseguenza, se queste presenze fossero costanti, a rendersi più amabili con il prossimo perchè irrorati dal beneficio di queste presenze. Dunque ad introitare un genere di comportamento più duttile e meno monotematico all'interno della società stessa, riconsegnandoci un idea più lieve dell'esistere, dove le paure e i timori per il futuro, che invece nutrono gli anziani e che trovano fondamento negli abissi della nostra società riverberandosi su tutti, a contatto con i bambini tutti questi timori si dissolvono. Poichè con i nostri figli e i figli degli altri, noi entriamo direttamente in contatto con il futuro stesso. Che magicamente ci responsabilizza nella speranza, non più nostra, ma per qualcun'altro, che non siamo noi. Una società senza cuccioli di uomini stagna e non sogna, non spera e non ama, non avendo il seme innocente degli altri dentro di sè, e non fantastica e non prevede, e non prevedendo non costruisce, non ipotizza e non ha utopie, dalle quali nascono grandi errori, ma anche grandi idee per una qualità di vita superiore da elargire alla società stessa. Tu concludi con buon futuro a noi tutti, ironicamente, e io lo capisco. Ma su questo argomento personalmente non riesco a fare ironie, poichè la morte la si accetta, ognuno di noi è costretto ad accettarla. Ma l'estinzione, quella sarebbe solo merito nostro. Un saluto Cocuma

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  2. Grazie Cocuma per il tuo contributo. Condivido le cose che dici. Il mio punto interrogativo sul fatto che possa bastare questo ( tornare a fare figli ) per riaccwendere i motori dell'economia e della società. Non è scetticismo, ma un forte interrogativo sul fatto che tante volte abbiamo soluzioni a portata di mano che ci sembrano troppo facili da percorrere e allora si cerca altrove, non sempre trovando. Credo che una porta verso il futuro, passi da lì, ritrovare il senso di comunità, quindi rigenerarla con più bambini, con più futuri cittadini, come d'altronde Francia, Germania e Paesi scandinavi cercano di fare. Come possono fare i giovani anche a far figli, massacrati come sono da una situazione sociale difficilissima nella quale ora toccano con mano quanto le generazioni precedenti siano state spesso egoiste e poco lungimiranti? Non lo so, mi limito ad osservare che la strada per l'idea di futuro l'hanno trovata molte generazioni precedenti, anche in condizioni peggiori, materiali o di guerra, rispetto al nostro tempo. Sintetizzo molto ovviamente. Infine l'ironia finale, ti assicuro, non è solo amarezza, c'è anche una idea di futuro e di speranza. Quella che dentro di me non voglio spegnere, ed è il motore con il quale cerco di svolgere la mia attività di volontariato sociale, come cioè intendo la mia attività in consiglio comunale e in quello delle Terre d'Argine. Grazie ancora per il contributo.mb

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  3. Ma in realtà la popolazione non solo non è diminuita, ma anzi, sta aumentando. E in Italia aumenta di circa 400'000 abitanti all'anno... Una città come Firenze.
    Al 2050 si stima che la pop mondiale sarà di 9,2 miliardi di abitanti (e c'è anche chi dice che ci saranno 200 milioni di rifugiati ambientali:http://risorse.legambiente.it/docs/DossiersuProfughiAmbientali.0000000335.pdf)... il problema a quel punto non sarà tanto l'invecchiamento della popolazione, ma la disponibilità di terreni agricoli produttivi...
    E' un limite del nostro pianeta, non è in grado di sfamare più di 9, 10, al massimo 12 miliardi di persone.

    Simone Martini

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  4. Simone, sai bene anche tu che il limite di sostenibilità a lungo termine è ben più basso (2-4 miliardi).
    I problemi demografici sono complessi, ma qui ci stiamo preoccupando del WC e dell'aria condizionata mentre il treno sta andando verso il precipizio.

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  6. Scusate il ritardo nella lettura dei vostri contributi dovuta a problemi tecnici del Pc...a proposito ci sono anche questi aspetti che ritardano più o meno i contatti tra le persone.
    Confesso che non mi ero spinto a valutazioni planetarie, credo anche io che la demografia sia un tema di grande complessità ma anche di aspetti "semplici" sui quali si dovrebbe riflettere quando si pensa al futuro o alle prospettive di città o continenti. Non voglio banalizzare però, ma credo che non vi sia chi possa essere certo di possedere certezza di quel che che sarà, inoltre oltre agli aspetti quantitativi sulla popolazione ci sono quelli qualitativi, i contesti da valutare, insomma tutta roba che in in un mini-post non si può pretendere di analizzare. E poi, non ne ho le competenze, pur se percepisco consapevolmente la centralità di questi temi. Direi che utilizzare anche questo approccio quando si pensa a problemi globali e locali, aiuta a fotografare la situazione con meno incertezze e a fare qualche previsioni più attendibili per successive scelte, globali o locali che siano. Il punto interrogativo però che mettevo nel titolo, per me resta d'obbligo. Non tanto per fare esercizio di vetero scetticismo laicista ma come elemento di apertura e riflessione ad altri punti di vista che non sarebbero quelli verso i quali ci sentiremmo naturalmente indirizzati. Conclusione molto aperta quindi. Terribilmente aperta per chi in questi tempi vorrebbe un mondo di scelte nette, ma nel quale spesso, anche se poi bisogna scegliere e selezionare, come le fonti qui su internet, le cose buone, quelle così così e quelle cattive, haimè, maledettamente ben mescolate.

    Marco Bagnoli

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