venerdì 26 novembre 2010

25/11/2010 – GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE

25/11/2010 – Intervento giornata Internazionale contro la violenza alle donne

di Marco Bagnoli – gruppo Consigliare PD


Non vi nascondo che non sono mancati dubbi sulla scelta di intervenire o meno in un dibattito su un tema così importante come la celebrazione della giornata internazionale contro la violenza alle donne.

Il rischio mi pareva in questi casi, essendo questa l’assemblea di una istituzione locale, quello di dire cose troppo generali oppure troppo specifiche, con il rischio di essere accusati di fare della gran “aria fritta”, come molti osservatori e anche vari mass media scrissero e dissero, dopo la seduta del 2009.

Aria fritta alla quale, da neo consigliere diedi in buona fede il mio contributo e sono partito da lì per decidere se intervenire o meno. Il mio parere è che la città sarebbe più povera, intendo di idee e di forme di partecipazione democratica, se rinunciasse a questa possibilità di discussione e approfondimento. Poi, di quello che diciamo qui, ognuno potrà prendere ciò che vuole, farne spallucce o trarne spunti di riflessione per altre attività che vadano nella direzione da tutti auspicata che la nostra sia una società e una città, nella quale riescano a mettere ulteriori radici e a svilupparsi gli anticorpi ai comportamenti violenti, e in particolare a quelli nei confronti delle donne, odiosi, come quelli perpetrati nei confronti di bambini, anziani e tra individui in genere.
Detto questo vorrei fare alcune osservazioni molto sintetiche per contribuire alla discussione, credo pertinenti per ciò di cui una assemblea elettiva locale deve e può occuparsi:

- Materia complessa non esistono Rapporti di Causa/Effetto. Finiamo fuori strada se cerchiamo di guardare a fatti di cronaca molto specifici come quelli di Novi o di Rovereto, o altri che hanno coinvolto donne italiane o straniere, per sostenere tesi più generali come ad esempio il fatto che certe cose succedono perché sono fallite le politiche di integrazione nei nostri territori. Non vi è dubbio che molto deve ancora essere fatto. Io sono certo che se rinunciassimo alle nostre politiche di integrazione, che pur devono essere sempre in evoluzione, razionalizzate, migliorate, saremmo tutti residenti in territori meno ospitali e meno sicuri. Giocare da apprendisti stregoni con temi di straordinaria complessità come le migrazioni di popoli, l’esistenza di culture altre, il futuro dell’Italia e delle nostre zone nelle quali convivono già, ad esempio nelle scuole, e vivranno ancora per molti decenni, persone di culture diverse ma uniti dal fatto di essere italiani, nel senso che devono essere rispettati diritti e doveri della repubblica italiana è un dato che non può essere cancellato e che va governato, più che rifiutato a priori, alla ricerca di una Italia di soli italiani che non esiste più e che credo non esisterà più per gran parte di questo secolo .

- Violenza e Risorse. E’ vero che occorre far crescere, nel perimetro della società in genere, gli anticorpi alla violenza . Ed è indubbio che una maggior quantità di risorse economiche, pubbliche e private, che possano produrre azioni in questa direzione, sarebbe auspicabile. Per quanto riguarda i conti degli enti locali e delle Istituzioni so benissimo che i tempi sono durissimi, come durissimi sono quelli per tante famiglie e imprese che stanno affrontando situazioni difficili di crisi.

Nonostante questo dato di fatto, delle poche risorse anti-violenza e per le pari opportunità , per le quali ci si augura una inversione di tendenza, se cresce la consapevolezza nella società, nelle istituzioni, nelle singole persone, che un alto tasso di violenza in generale, e alle donne in particolare, è un danno per tutti, c’è la possibilità, pur con poche risorse, che prosegua con maggior forza un processo, a mio parere in atto, di costante consapevolezza e interiorizzazione nelle coscienze e negli animi, della pericolosità di una società violenta in genere e per le donne in particolare, per tutto il corpo sociale.

Per sgombrare il campo da possibili equivoci sono tra quelli che ritengono che il cambiamento sociale e l’adeguamento dell’Italia ai tempi nuovi passi dal cambiamento reale della condizione femminile. Non solo per motivi etici e politici ma anche concreti e pratici.

Oltre alle dinamiche culturali generali di contrasto della violenza e della crescente disapprovazione sociale dei comportamenti violenti che alle volte vengono minimizzati o che è difficile valutare in tutte le forme che possono presentarsi, non parlo solo della violenza nei confronti delle donne ma nei comportamenti violenti o molto aggressivi che vediamo in famiglia, quando siamo al volante, in piazza o persino in qualche consiglio comunale, vanno attivati circuiti virtuosi dei quali i singoli e la società sono potenziali attori e promotori, per contrastare e prevenire la violenza. Ben vengano leggi contro lo stalking, la difesa contro gli ex-mariti o ex-fidanzati, ma ci siano anche leggi non scritte che funzionino, come certi modi non rispettosi di trattare le donne sui posti di lavoro, contro i quali deve scattare la condanna etica, la disapprovazione, la buona indignazione, non sempre la solidarietà scatta naturalmente, anche delle donne nei confronti di altre donne…

Vanno nelle direzione giusta, preferirei non ce ne fosse bisogno ma bisogno c’è, iniziative come i taxi-rosa nelle ore notturne, i corsi, se ben fatti, di difesa personale che non vogliano trasformare uomini o donne in tanti rambo, o le stesse attività di portinariato sociale che prevengono forme di contrasti in certi condomini più a rischio dove il tasso di comportamenti violenti, che coinvolgano le donne, sono più alti.
Io credo che dovrebbero essere incoraggiate anche forme di progettualità e sussidiarietà, di collaborazione tra pubblico e privato, per generare nel corpo sociale spirito di collaborazione e la maggior condivisione possibile, senza ovviamente scoraggiare la circolazione delle idee, il confronto e un sano conflitto che porti però il più possibile ad un avanzamento della cultura del fare accordi rispetto alla cultura dell’individualismo sfrenato e del muro contro muro, o ancor peggio del “vaffa” a chi non la pensa come te, che non mi pare porti alla costruzione del ben comune, dopo aver dileggiato e mandato a quel paese tutto quello che non va.

In conclusione: continui il contrasto alla violenza, alle donne e al comportamento aggressivo e violento tout court. Il mio parere personale è che a priori non devono essere eretti steccati, che questi si generano sulla base delle idee e delle proposte e da qui nascondo i reciproci sì e no. O discutiamo…..
Futuro: non mi accontenterei più solo di chiedere politiche di genere, per reprimere, contrastare e prevenire la violenza alle donne ma chiedo come cittadino e come consigliere comunale che si cerchino, pur con tutte le difficoltà che immagino voltando pagina, nuove politiche di genere che servano a tutta la società e che tolgano, a chi non vuol capire, l’alibi che si tratti solo di politiche di genere ideologiche o di parte. Più servizi anti-violenza, efficienza efficacia e maggiore giustizia e capacità di ascolto per la persona, sono valori per tutti senza connotazioni ulteriori, di destra o sinistra, ma per la società e la città tutta. In sostanza, coesione sociale, che non è come il prezzemolo come qualcuno sospetta ad ogni sua evocazione, ma è ciò di cui abbiamo bisogno, la coesione sociale, per costruire un futuro per chi vive sul nostro territorio e ci vivrà in futuro

martedì 16 novembre 2010

CINA? USA? NO, GERMANIA - DI ETTORE GOTTI TEDESCHI

Segnalo un articolo di Ettore Gotti Tedeschi pubblicato martedì 16 novembre 2010 sul "Sole 24 Ore". Travolti come siamo dalla palude politica italiana del presente, alla vigilia di un ennesimo durissimo travaglio elettorale, mi pare una autentica boccata di aria pura, una riflessione sulla direzione di marcia che l'Italia, spero post-berlusconiana, dovrà intraprendere per costruire il proprio futuro. E mi pare che Gotti Tedeschi, pur alle prese da alcune settimane con i guai giudiziari come presidente della banca vaticana, sui quali ha assicurato che chiarirà tutto, mi pare rappresenti un ottimo esempio di divulgatore di cultura economico-politica, dissertando con semplicità ma anche completezza e rigore, degli scenari e delle scelte che attendono il nostro Paese sullo scacchiere europeo e globale, dove tutti i Paesi stanno facendo le loro mosse. E sarebbe meglio che l'Italia scegliesse dove andare, e per me la direzione-Germania va bene, onde evitare che di fatto altri scelgano per noi. Ecco il testo che si riporta citando la fonte:

"Per avvantaggiare il nostro paese nell'uscita dalla crisi e riprenderci economicamente al meglio, con chi varrebbe la pena allearci (se questo fosse possibile)? Con gli Usa o la Cina? La mia tentazione è di cominciare, e concludere, anche con considerazioni di carattere morale sulla affinità o no di culture economiche fondate su radici religiose diverse, in specifico su religioni con o senza un Dio creatore. Ciò perché la mia preoccupazione, alla fine, non sta tanto nel capire quale alleanza possa permetterci di restare, o ritornare, ricchi al più presto, quanto come farlo assicurando, o meglio, accrescendo, il rispetto per la dignità dell'uomo nel mondo.

Anche il pontefice sembra convinto che la crisi vada presa sul serio soprattutto perché per noi occidentali il deleveraging significherà almeno cinque anni di austerità. Così l'economia agricola può ritornare realmente a essere una risorsa per il futuro purché non si costruiscano nuovi modelli competitivi con i paesi più poveri per i quali questa è l'unica risorsa. Senza dimenticare che anche nei paesi ricchi molti poveri lavorano nel settore agricolo. Per vent'anni abbiamo fatto alleanze vantaggiose sul modello consumistico, orientate solo sull'importazione a basso costo, senza preoccuparci troppo di creare una strategia che sviluppasse anche posti di lavoro al nostro interno.

Con gli Usa, simbolo di libertà e democrazia, l'Italia ha una vecchia storia di affinità. La crisi economica ha però un po' offuscato questa sua immagine. Gli Usa hanno prodotto per due decenni una crescita consumistica a debito (soprattutto delle famiglie), insostenibile, che ha fatto saltare il sistema finanziario estendendo la crisi al mondo intero. Che l'abbia fatto per il bene del mondo, sostenendo la difesa contro le ingiustizie e il terrorismo, o solo per assicurare equilibrio di potere economico verso la crescita di poteri nuovi nei paesi emergenti, oppure solo per non deludere il sogno americano di benessere fondato sulla fiducia nel futuro, non è oggetto di queste considerazioni. Allearsi con gli Usa in questo momento comporterebbe vantaggi e svantaggi.

I vantaggi per noi sarebbero soprattutto di poter disporre di tecnologia e capitali privati di cui le nostre imprese abbisognano. Gli svantaggi stanno nella loro situazione finanziaria debole. Gli Usa stanno nazionalizzando il debito privato eccessivo e non sarebbero in condizioni di migliorare il nostro debito pubblico. Non ci avvantaggerebbero nella necessità di crescere le esportazioni visto che il presidente Obama considera prioritario sostenere l'export Usa per recuperare occupazione interna. Per farlo sembra utilizzare lo strumento di svalutazione del dollaro e lascia immaginare protezionismo verso l'import cinese. Queste due manovre insieme alla crescita di massa monetaria della Fed, se non controllate, produrranno inflazione monetaria, di costo materie prime e di prezzi.

Con la Cina non abbiamo una grande storia passata da vantare e la differenza politica e culturale non va sottovalutata. Un'alleanza con lei (se fosse possibile) metterebbe anche forse in discussione il rapporto con quella "fidanzata gelosa" che sono gli Stati Uniti. Ma la Cina sta diventando un mercato enorme di consumo di cui potremmo trarre vantaggi. Poi ha enormi risorse da investire, sia nel nostro debito pubblico, che in quello delle imprese e banche. Potrebbe aiutarci a ricapitalizzare e sostenere il nostro export. Il fatto è che potrebbe farlo con l'intento di cogliere le nostre difficoltà per assicurarsi un'espansione produttiva e di controllo economico stabile e persino definitivo. Sarei anche un po' sorpreso se non fossero, alla fine, Cina e Usa a doversi (obtorto collo) alleare. E l'alleanza fra due grandi, troppo grandi per non trovare accordi, ben poca attenzione riserverebbero a noi piccoli...

Esiste una terza via potenziale su cui riflettere? Secondo molti saggi questo è il momento di costruire una vera Europa. Per realizzare oggi l'Europa si ha poi l'impressione che non si possa prescindere dalla Germania, che guida l'economia europea. E con la Germania abbiamo affinità e abitudine a lavorare insieme (il Veneto e la Baviera sono un'area economica da anni). Con il suo aiuto si potrebbe meglio definire una strategia produttiva, di export e anche di modelli concertativi produttivo-sindacali. La Germania ha anche risorse tecnologiche e naturali, che a noi mancano. Ciò che potrebbe esser difficile (ma stimolante) per noi è riuscire a "tenere il loro passo" sul modello economico, sulla spesa pubblica, sull'efficienza.

Non mi pare abbiamo tante altre scelte, abbiamo è vero una struttura straordinaria di Pmi con capacità imprenditoriali uniche, ma abbiamo anche alti costi fissi e conseguenti tasse alte in un paese di vecchi, non abbiamo sempre costi competitivi, non abbiamo sempre tecnologia sufficiente, non abbiamo più prodotti unici così difendibile nel mercato globale. Ma per carità, non arriviamo a dover decidere troppo tardi sulla base del vecchio principio perdente: Usa, Cina o Germania, purché se magna...



di Ettore Gotti Tedeschi, dal Sole 24 Ore di Martedì 16/11/2010

IL NUOVO OSPEDALE DI CARPI ENTRA NEI DOCUMENTI UFFICIALI. E’ IMPORTANTE ANCHE QUESTO PER ARRIVARE A RISULTATI CONCRETI.

Se ne è discusso recentemente in Consiglio. Il cantiere del nuovo ospedale di Carpi non è dietro l’angolo ma è importante che il tema del nuovo polo ospedaliero carpigiano sia entrato a pieno titolo nel Pal, lo strumento principale di programmazione dell?azienda Usl provinciale. Non ci sono scorciatoie e bacchette magiche per opere come queste , del costo di varie decine di milioni e i passaggi della programmazione sanitaria sono molto importanti. Tutte le volte che in Consiglio è arrivato il tema sanità e si è parlato di prospettiva del nuovo ospedale, ho avuto la netta consapevolezza che l’assise di palazzo Scacchetti sia pienamente consapevole della posta in palio e dei rischi da evitare per far sì che l’ospedale possa ricevere una adeguata manutenzione, che l’idea di nuovo nosocomio vada avanti e che Carpi faccia sentire con chiarezza la sua voce a livello provinciale, facendo capire bene che qui tutti siamo perfettamente consapevoli che dopo la realizzazione dei poli ospedalieri di Baggiovara e Sassuolo adesso tocca all’area nord del modenese. Quindi dire, come io penso e ho detto, che l’inserimento del nuovo ospedale di Carpi nei documenti del Pal è importante, non significa accontentarsi, come mi è stato rinfacciato in consiglio, di un piatto di lenticchie o di un contentino di facciata ma è la condizione di partenza per avviare la partenza dei nuovi programmi sanitari nella direzione auspicata.

NUOVE REGOLE ERP, PIU’ PESO A RESIDENZA E NORME ANTI-OCCUPAZIONE

Il criterio contributivo, ciò che io intendo come la volontà di dare maggior peso, per l’elaborazione dei punteggi di graduatoria per l’assegnazione degli alloggi pubblici, all’anzianità di residenza, quindi al maggiore o minore grado di partecipazione alla vita e alla formazione della ricchezza di una comunità, ha fatto il suo ingresso ufficiale nel regolamento Erp della città. Pesa poco, si è detto, ma intanto c’è, e rappresenta un cambio di passo importante rispetto al passato, quando parlare di anzianità di residenza per questi regolamenti sembrava a dir poco una eresia. Penso che per ora sia stato giusto mettere questo criterio tra gli altri e non indicarlo come l’unico discriminante per l’assegnazione di un alloggio popolare. Penso vada sottolineata anche la norma che penalizza fortemente chi “occupa” l’alloggio del quale si chiede l’assegnazione. La cultura del mettere il Comune di fronte al fatto compiuto non deve mettere radici nel nostro territorio e ben ha fatto l’amministrazione a inserire questo criterio fortemente penalizzante per comportamenti di questo tipo. Che purtroppo potrebbero presentarsi , come le cronache dei mesi scorsi hanno evidenziato. Regolamento approvato ma resta sul campo la constatazione di fondo della quale sono certo , l’Amministrazione è ben consapevole, cioè di quanto sia grande la domanda di alloggi pubblici in città, per la quale il Comune ha anticipato la ricerca di nuove soluzioni, forme di collaborazione tra pubblico e privato e pieno utilizzo degli strumenti legislativi esistenti con i provvedimenti della regione Emilia-Romagna.

mercoledì 3 novembre 2010

SENTENZE. INAMMISSIBILE TRASFORMARE IL DIBATTITO IN INVETTIVA. DAL SOLE 24 ORE DELL'1/11/2010

Segnalo, pur trattandosi di un caso specifico, ma che mi pare presenti molte analogie e un orientamento giurisprudenziale preciso e sufficientemente consolidato. con quello del quale si sta discutendo in città, un articolo pubblicato dal "Sole 24 Ore" lunedì 1° Novembre 2010 nella rubrica "Giustizia e Sentenze" .
E' evidente che ogni pronunciamento è a sè e che potrebbero essere citati probabilmente altri casi di orientamento opposto. La recente giurisprudenza in materia di diffamazione a mezzo stampa o strumenti equivalenti, come i manifesti, mi pare si stia orientando alla doppia tutela di diritti, quello alla libera espressione che non deve mai venire meno, ma che confligge o può sconfinare sul terreno della diffamazione, sconfinamento che può spettare all'autorità giudiziaria, se interpellata, ritenere che lo sconfinamento sia avvenuto o meno. La materia dunque è complessa ed è molto meno evidente e scontata nella sua interpretazione di quanto alle volte il dibattito politico in città sembra ritenere.mb


DAL SOLE 24 ORE DI LUNEDI' 1/11/2010, un articolo di Selene Pascasi

"La critica politica non può diffamare il professionista
È diffamazione discreditare un professionista, denigrandone la credibilità, anche se lo si fa durante una pubblica assemblea, trattandosi di un soggetto politicamente impegnato. Il diritto di critica politica, infatti, non legittima espressioni lesive della dignità personale e professionale, non sussistendo alcun interesse a che la collettività ne venga messa al corrente. Lo afferma la Corte di cassazione, sezione V penale, con la sentenza n. 37220/10.
Coinvolti nei fatti, un sindaco e un consigliere di maggioranza di un piccolo comune. I politici, nel corso di una pubblica assemblea, avevano portato a conoscenza dei partecipanti la condotta, a loro dire scorretta, tenuta da una donna, consigliere di minoranza e avvocato. Secondo quanto riferito dai due, ella aveva indotto un cittadino, carpendone la buona fede, a sottoscrivere un ricorso amministrativo con cui veniva impugnata una concessione edilizia relativa a un'area verde sita nel centro abitato.
Così facendo, sottolineavano, aveva strumentalizzato la sua professione per fini politici (era noto che l'avvocato fosse attivamente impegnato in un comitato intento a impedire l'urbanizzazione della zona). Di qui la querela per diffamazione. Il tribunale, pur riconoscendo la valenza diffamatoria delle espressioni usate e la consapevolezza di porre in essere una condotta illecita, li assolve entrambi. La sentenza viene confermata anche in appello, dove i giudici considerano l'accaduto come un legittimo esercizio del diritto di critica politica. In fondo, affermano, era interesse della collettività rendersi conto dei mezzi "riprovevoli" usati dal consigliere di opposizione. A motivare l'assoluzione, dunque, il fatto che gli imputati – nel criticare l'agire del legale – avessero rispettato il principio di «continenza formale»: avevano censurato il modo scorretto con cui ella aveva svolto la sua funzione di opposizione «mentre non era stata rivolta censura alcuna sul piano personale o professionale». L'avvocato, però, non si arrende e porta il caso in Cassazione. A suo avviso, non solo erano stati distorti i risultati dell'istruttoria dibattimentale, ma il ragionamento della Corte d'appello era evidentemente contraddittorio. Difatti, non vi sarebbe stata coerenza nel riconoscere valore diffamatorio alle espressioni usate dagli imputati – che avevano pubblicamente denigrato la sua dignità – per poi ritenerle dichiarazioni pertinenti al contesto politico. A suo dire, perciò, sussisteva il reato di diffamazione.
Concorda la Cassazione, che accoglie il ricorso della professionista. Il discorso del primo cittadino e del consigliere – rilevano i giudici di legittimità – conteneva frasi indubbiamente diffamatorie della «dignità e credibilità professionale» dell'avvocato. Non si era trattato, dunque, di una legittima critica politica volta a mettere in luce gli sbagli della minoranza, ma di una vera e propria opera di discredito professionale e personale a danno della ricorrente. I concittadini, al più, avrebbero potuto avere interesse a comprendere le ragioni politiche del contrasto sulla destinazione urbanistica dell'area cittadina, ma non la circostanza «che un avvocato si fosse comportato, o si comportasse, in modo scorretto». Sul punto, la Cassazione si era già pronunciata con sentenza n. 11277/10, dove – con riferimento all'accusa, rivolta a un professionista, di aver redatto un verbale di assemblea non riflettente quanto realmente accaduto – aveva affermato che tale addebito (fatto «ad arte», quindi doloso) integra la diffamazione, vista la capacità di discreditare la reputazione del destinatario, colpito nella sua veste professionale. Nel sostenerlo, i giudici avevano anche ricordato che la libertà di manifestare il proprio pensiero non può legittimare espressioni volutamente offensive, finendo altrimenti per «ledere in maniera non più giustificabile il contrapposto diritto della parte offesa alla propria riservatezza e alla propria reputazione».
Ecco che, tornando al caso concreto, la Cassazione annulla la pronuncia assolutoria. Non è accettabile – si legge in sentenza – che la «contesa politica possa svolgersi sul piano dell'invettiva personale, di modo che per acquisire consensi in danno dei contraddittori a una parte politica sia lecito diffondere in pubblico considerazioni denigratorie di particolari aspetti personali o professionali degli oppositori».

www.ilsole24ore.com/
norme/documenti
La sentenza
della Cassazione
Integra la diffamazione l'utilizzo di frasi o espressioni che ledono la dignità personale e professionale di qualunque soggetto, anche se ciò avviene nel contesto di un dibattito politico. Il diritto di critica politica, infatti, non legittima le espressioni diffamatorie prive
di rilevanza pubblica e finalizzate esclusivamente a gettare
discredito su uno degli oppositori
La dottrina meno recente era perplessa sul fatto che l'offesa all'onore potesse essere arrecata anche agli individui privi della capacità d'intendere e volere (Altavilla, Delitti contro la persona, in Trattato, diretto da Florian, Milano, 1934). L'orientamento oggi prevalente ritiene che persona offesa dalla diffamazione possa essere anche l'incapace o il soggetto marginale (Mantovani, Diritto Penale, p.s, Padova 2005, 191)
L'accusa rivolta a un professionista integra gli estremi dell'ipotesi
di diffamazione nel caso in cui comporti discredito
alla reputazione del destinatario
Cassazione, 11277/2010
È illecito l'esercizio di critica politica non fondato sull'attribuzione
di fatti veri, ma basato semplicemente su interpretazioni soggettive, fonte di discredito per qualcuno
Cassazione, 7419/2009"