Non sono d’abitudine un “gallidellaloggiano”, per il fatto che tra tante cose che dice nelle quali mi riconosco spesso ve ne sono altrettante che mi convincono meno. Ma questo intervento del Prof. Ernesto Galli della Loggia mi trova stranamente, anche per me, completamente allineato. E siccome, per me è una “notizia” non voglio perdere l’occasione di appuntarmi il testo in questione e di proporlo a chi non lo avesse letto sulle pagine del Corriere della Sera del 20 gennaio scorso. Dire “caste” è facile, ma non si deve generalizzare e fare di ogni erba un fascio non aiuta. Le burocrazie sono una risorsa per le nostre comunità, ma devono essere burocrazie “buone”, che siano al servizio dei cittadini e della comunità, non che scambino noi cittadini, con diritti e doveri, per quelli da mettere al loro servizio. Non tutti i dipendenti pubblici sono fannulloni e non tutte le burocrazie pubbliche o private, sono sinonimo di sperpero, lungaggini, incapacità di ascolto o fonte di piccoli o grandi soprusi. Per cambiare l’Italia avremo bisogno di una burocrazia pubblica buona e di trovare gli anticorpi per quella cattiva, evitando e prevenendo la formazione di oligarchie autoreferenziali prive di autentico senso istituzionale e di quello che una volta si diceva davvero “spirito di servizio”. Come noto, queste oligarchie, annoverabili tra i piccoli e grandi poteri forti sono quelle che non si presentano alle elezioni ma che dovrebbero comunque essere poste direttamente o indirettamente, sotto il controllo della comunità, impedendone forme di degenerazione. Ma certe cose, il Prof. ovviamente sa dirle molto meglio(m.b)
“L’OLIGARCHIA DEGLI ALTI BUROCRATI
Una invisibile supercasta di Ernesto Galli della Loggia dal Corriere della Sera del 20/1/2012
Non è vero che il contrario della democrazia sia necessariamente la dittatura. C’è almeno un altro regime: l’oligarchia. E tra i due regimi possono esserci poi varie forme intermedie. Una di queste è quella esistente da qualche tempo in Italia. Dove ci sono da un lato un Parlamento e un governo democratici, i quali formalmente legiferano e dirigono, ma dall’altro un ceto di oligarchi i quali, dietro le quinte delle istituzioni democratiche e sottratti di fatto a qualunque controllo reale, compiono scelte decisive, governano più o meno a loro piacere settori cruciali, gestiscono quote enormi di risorse e di potere: essendo tentati spesso e volentieri di abusarne a fini personali. I frequenti casi scoperti negli ultimi anni e nelle ultime settimane hanno aperto squarci inquietanti su tale realtà.
Non si tratta solo dell’alta burocrazia dei ministeri, cioè dei direttori generali. A questi si è andata aggiungendo negli anni una pletora formata da consiglieri di Stato, alti funzionari della presidenza del Consiglio, giudici delle varie magistrature (comprese quelle contabili), dirigenti e membri delle sempre più numerose Authority, e altri consimili, i quali, insieme ai suddetti direttori generali e annidati perlopiù nei gabinetti dei ministri, costituiscono ormai una sorta di vero e proprio governo ombra. Sempre pronti peraltro, come dimostra proprio il caso del governo attuale, a cercare di fare il salto in quello vero.
È un’oligarchia che non è passata attraverso nessuna selezione specifica né alcuna speciale scuola di formazione (giacché noi non abbiamo un’istituzione analoga all’Ena francese). Designati dalla politica con un g r a d o a l t i s s i m o d i arbitrarietà, devono in misura decisiva il proprio incarico a qualche forma di contiguità con il loro designatore, alla disponibilità dimostrata verso le sue esigenze, e infine, o soprattutto, alla condiscendenza, all’intrinsichezza — chiamatela come volete — verso gli ambienti e/o gli interessi implicati nel settore che sono chiamati a gestire. Ma una volta in carriera, l’oligarchia — come si è visto dalle biografie rese note dai giornali — si svincola dalla diretta protezione politica, si autonomizza e tende a costruire rapidamente un potere personale. Grazie al quale ottiene prima di tutto la propria sostanziale inamovibilità.
Sempre gli stessi nomi passano vorticosamente da un posto all’altro, da un gabinetto a un ente, da un tribunale a un ministero, da un incarico extragiudiziale a quello successivo, costruendo così reti di relazioni che possono diventare autentiche reti di complicità, sommando spessissimo incarichi che incarnano casi clamorosi di conflitto d’interessi. E che attraverso doppi e tripli stipendi e prebende varie servono a realizzare redditi più che cospicui, a fruire di benefit e di occasioni, ad avere case, privilegi, vacanze, stili di vita da piccoli nababbi.
Se i politici sono la casta, insomma, l’oligarchia burocratico- funzionariale italiana è molto spesso la super casta. La quale prospera obbedendo scrupolosamente alla prima (tranne il caso eccezionale della Banca d’Italia non si ricorda un alto funzionario che si sia mai opposto ai voleri di un ministro), ma facendo soprattutto gli affari propri. Il governo Monti ha un’agenda fittissima, si sa. Ma se tra le tante cose da fare riuscisse anche a scrivere un rigoroso codice etico per la super casta, sono sicuro che qualche decina di milioni di italiani gliene sarebbe grata.”
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